Con la conferma del verdetto, si chiude almeno sul piano giudiziario una vicenda che ha profondamente scosso la comunità di Terracina, segnata dagli abusi commessi ai danni di ragazzi frequentatori della parrocchia di San Domenico Savio. «Esprimiamo apprezzamento per la sentenza che conferma la condanna nei confronti dell’imputato — commenta Lilly Capasso, del gruppo Agesci Terracina 3 —. Il mancato ricorso in appello rappresenta un segnale di consapevolezza rispetto alla gravità del male arrecato alle vittime. Questa sentenza ricorda quanto sia fondamentale il coraggio delle vittime: senza la loro determinazione, molti percorsi di verità e tutela non sarebbero possibili».
Monica Sansoni, garante dell’Infanzia e parte civile nel processo, sottolinea: «È stato giusto denunciare per fermare il colpevole e impedire ulteriori danni. Questi reati sono fatti pubblici e non possono essere nascosti».
L’avvocato Pasquale Lattari, difensore delle parti civili, evidenzia «la consapevolezza delle famiglie e delle istituzioni nel sostenere un percorso di giustizia corretto, nell’interesse delle vittime».
Come agiva
Di giorno, Di Pinto era l’assistente scout di riferimento per i “lupetti” della parrocchia. Sui social, però, si trasformava in Aurora Lucci, un’identità inventata per adescare e ricattare i ragazzi che frequentava nella vita reale. Fingendosi Aurora, contattava i minori via chat, otteneva foto intime e passava al ricatto: pagare o rischiare la diffusione delle immagini.
Il paradosso più crudele emergeva nella vita reale: le vittime, terrorizzate, si confidavano proprio con Di Pinto, ignare del fatto che fosse lui l’autore dei ricatti. In un caso emblematico, un ragazzino fu costretto a consegnargli 55 euro per “calmare” la fantomatica Aurora. Nonostante la condanna, Di Pinto, difeso dall’avvocato Carmela Massaro, non è in carcere: si trova ai domiciliari, con il permesso di frequentare l’università a Latina.