A Gianfranco Sciscione il Premio Spadolini 2025
La cerimonia nell’incantevole cornice dell’Oasi di Kufra, nella serata conclusiva della rassegna l’Oasi dei Libri
Di Ilaria Solazzo
In un’Italia che ha vissuto trasformazioni radicali nel panorama dell’informazione e dell’intrattenimento, pochi nomi possono raccontare con altrettanta autorevolezza la storia della televisione privata quanto quello di Gianfranco Sciscione. Imprenditore, visionario e autentico pioniere dell’etere, Sciscione ha attraversato decenni di incertezze normative, rivoluzioni tecnologiche e cambiamenti culturali, restando sempre fedele alla sua idea di libertà editoriale e pluralismo dell’informazione.
Il 18 agosto 2025, nell’incantevole cornice dell’Oasi di Kufra a Sabaudia, Sciscione ha ricevuto il Premio Spadolini per la Carriera, un riconoscimento prestigioso che celebra l’impegno di chi ha saputo incidere nel tessuto culturale e sociale del Paese. A consegnarglielo è stato il professor Luigi Tivelli, presidente del premio, a cui Sciscione ha rivolto pubblicamente parole di sincera gratitudine.
La serata, animata da ospiti illustri, ha offerto anche uno spunto di riflessione sul rapporto tra diritto, comunicazione e responsabilità pubblica. In particolare, è risuonato forte l’intervento del giudice costituzionale Filippo Patroni Griffi, che ha affermato: “Tra una cattiva legge e una non legge, è meglio una cattiva legge.” Una frase che Sciscione ha voluto fare sua, ricordando i lunghi anni di vuoto legislativo in cui le televisioni private hanno dovuto operare in assenza di regole certe.
“Ci sono voluti quindici anni perché il Parlamento italiano approvasse la prima legge sulle tv private,” ha ricordato Sciscione dal palco. “E assicuro che quei quindici anni sono stati difficilissimi. Non avevamo nessuna certezza di futuro.”
Il riferimento è alla Legge Mammì, varata il 23 agosto 1990, che proprio in questi giorni compie 35 anni. Una norma spesso discussa, certo non perfetta, ma che ha rappresentato il primo vero riconoscimento giuridico del pluralismo televisivo in Italia. “Era l’inizio di una nuova era,” ha sottolineato Sciscione. “Il tempo ha dato ragione a chi allora, come Giulio Andreotti e Oscar Mammì, ne sostenne la necessità, e torto a chi si dimise per protesta.”
Dietro quel periodo di pionierismo c’era una generazione di imprenditori e comunicatori che, come Gianfranco Sciscione, hanno scommesso tutto sul futuro di un settore che ancora non esisteva formalmente. La loro determinazione ha posto le basi per il sistema televisivo che conosciamo oggi.
Che effetto le ha fatto ricevere il Premio Spadolini per la Carriera?
Grazie. È stata un’emozione sincera. Un riconoscimento che arriva dopo tanti anni di lavoro, di sfide e di battaglie vinte e perse, ma sempre affrontate con passione. Voglio ringraziare in modo particolare il professor Luigi Tivelli, presidente del Premio, per aver voluto riconoscere il valore di un percorso iniziato in un’epoca in cui nulla era certo.
Ieri, durante la cerimonia, ha citato un passaggio dell’intervento del dottor Filippo Patroni Griffi. Perché l’ha colpita così tanto?
Il dottor Patroni Griffi ha detto una frase che mi ha colpito profondamente: “Tra una cattiva legge e una non legge, è meglio una cattiva legge”. È un pensiero che condivido appieno. In Italia abbiamo dovuto aspettare quindici anni prima che il Parlamento promulgasse una legge sulle TV private. Quei quindici anni sono stati durissimi. Lavoravamo in un vuoto normativo totale, senza alcuna certezza per il futuro. Quella prima legge, la famosa Legge Mammì del 23 agosto 1990, non era perfetta, ma rappresentò un inizio, un’apertura verso un’era nuova.
La Legge Mammì, fra pochi giorni, compirà 35 anni. Che ruolo ha avuto nella storia della televisione italiana?
Fondamentale. Quella legge ha dato un quadro di riferimento legale a un settore che fino ad allora viveva quasi nell’illegalità. Era una legge imperfetta, certo, ma segnò la fine di un periodo pionieristico in cui, con grande coraggio, molti di noi hanno continuato a lavorare pur senza tutele. Dopo la Mammì arrivarono altre leggi, come la Maccanico e la Gasparri, ma fu quella la svolta. Il tempo ha dato ragione a chi, come Andreotti, allora Presidente del Consiglio, e Oscar Mammì, estensore della legge, hanno creduto nella necessità di regolamentare il settore. E ha dato torto a chi, per protesta, arrivò perfino a dimettersi.
Lei si definisce un pioniere. Cosa significa per lei oggi quel termine?
Significa non essersi mai arresi. Aver continuato a investire, a innovare, a costruire, anche quando non c’era nessuna rete di sicurezza. Oggi il settore esiste anche grazie a quegli anni difficili e a chi, come me, ha creduto nella libertà di espressione, nella pluralità dell’informazione, nella possibilità di offrire qualcosa di diverso rispetto alla televisione pubblica. Il Premio Spadolini, per me, è anche il riconoscimento di quel coraggio.
Cosa si augura per il futuro della televisione italiana?
Mi auguro che continui a evolversi, a rinnovarsi senza dimenticare le sue radici. Che non perda mai la sua funzione culturale e sociale. E che ci siano sempre nuove generazioni di “pionieri” pronti a mettersi in gioco, anche senza certezze, per costruire il futuro.
C’è un momento, nella storia di ogni nazione, in cui le regole ancora non esistono, i confini sono incerti, e chi osa andare oltre viene guardato con diffidenza. È in quel vuoto che si misurano i veri pionieri. Gianfranco Sciscione, con la sua lunga carriera nel mondo dell’informazione televisiva, è stato uno di quei pochi capaci di vedere il futuro quando ancora mancava perfino il presente.
Il Premio Spadolini per la Carriera, conferito a Sciscione il 18 agosto 2025 a Sabaudia, non è solo il riconoscimento di un successo personale. È, soprattutto, un tributo ad una generazione che ha lottato per affermare la legittimità di un settore, quello dell’emittenza privata, che oggi diamo per scontato, ma che ha conosciuto decenni di incertezze, silenzi legislativi e ostacoli culturali.
In Italia, ci sono voluti 15 anni prima che la televisione privata ottenesse una cornice normativa. E quando arrivò, con la Legge Mammì del 1990, si trattava di una legge imperfetta. Eppure, come ha ricordato lo stesso Sciscione durante la cerimonia, citando il giudice costituzionale Filippo Patroni Griffi, “tra una cattiva legge e una non legge, è meglio una cattiva legge”. Perché l’assenza di regole è l’anticamera dell’arbitrio. E la prima legge, anche se incompleta, è il primo seme di un ordine possibile.
Sciscione non ha mai smesso di seminare. Lo dimostra anche il suo ultimo contributo alla memoria storica e civile del Paese: il libro pubblicato quest’anno… è un ‘racconto’ appassionato, lucido e a tratti doloroso. Un testo che non è solo autobiografia, ma testimonianza. Una finestra su un’Italia in trasformazione, vista dagli occhi di chi ha contribuito a trasformarla.
Chi oggi accende la TV, o sfoglia un contenuto in streaming, raramente si chiede chi ha reso possibile quella pluralità di voci. Eppure, dietro la normalità di oggi, c’è la fatica di chi ha combattuto nel silenzio, senza garanzie, armato solo di visione e ostinazione. In un’epoca che consuma tutto in fretta, anche la memoria, figure come Gianfranco Sciscione ci ricordano che la libertà non è mai un punto di partenza. È sempre una conquista.