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Maxi frode con i bonus edilizi, sequestrati falsi crediti d'imposta per 76 milioni

Un'indagine vastissima partita dalle Fiamme Gialle del comando provinciale di Latina

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Una frode con i bonus edilizi è stata scoperta dai finanzieri del comando provinciale della guardia di finanza di Latina e dai colleghi del comando di Frosinone. Il tribunale di Cassino ha disposto il sequestro di falsi crediti di imposta per 76 milioni di euro, maturato attraverso l'indebito ricorso alle misure di sostegno emanate dal Governo per aiutare le imprese in difficoltà durante l'emergenza Covid. L'attività investigativa è iniziata nel 2023 e aveva riguardato in una prima fase una nota società finanziaria di Cassino.

Le società coinvolte

Gli accertamenti hanno consentito di ipotizzare l'esistenza di un sistema fraudolento che operava su tutto il territorio nazionale in materia di cessioni di crediti di imposta e indebite compensazioni. Sono in totale 36 le società coinvolte, con sedi in diverse regioni e province italiane, 87 invece le persone indagate, denunciate a vario titolo per concorso in truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Le analisi e gli approfondimenti dei finanzieri di Formia e di Cassino si sono sviluppati attraverso la ricostruzione dell'intero portafoglio di crediti fittizi che ha portato gli imprenditori alla società finanziaria oggetto di indagine. Successivamente è venuta alla luce l'esistenza di numerose e concatenate cessioni di crediti di imposta di origine illecita che, dagli originari beneficiari, attraverso diversi passaggi da cedenti e cessionari, sono stati via via monetizzati per mezzo di Poste italiane, collocate nei cassetti fiscali di altri soggetti oppure utilizzati in compensazione delle imposte da versare all'Erario.

Le indagini

Le Fiamme Gialle hanno studiato la documentazione della Direzione centrale dell'Agenzia delle entrate e della Sogei spa, scoprendo ricorrenti anomalie che facevano sospettare la natura illecita dei crediti fiscali. Dalle indagini è emerso che alcuni indagati non avevano nella realtà la disponibilità di fabbricati su cui risultavano effettuati dei lavori edilizi o avevano indicato riferimenti catastali di immobili diversi da quelli in loro possesso. In altri casi invece, le società che dovevano svolgere i lavori erano state costituite ad hoc solo con lo scopo di creare i crediti di imposta.